Barcamp a Palazzo Vecchio

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Udite udite, mi sono iscritta per parlare al primo barcamp indetto da Giuliano da Empoli, gonfaloniere di cultura a Firenze sotto il granducato di Lo Renzi i’Magnifico nel Salone de’ Cinquecento a Palazzo Vecchio.
Si parla di cultura, di creatività, di contemporanetà e di come far fruttare e rinnovare quella maestosa eredità di cultura, arte,conoscenza impegno che quelli prima di noi ci hanno consegnato.
La sala deputata all’incontro è il Salone dei Cinquecento, sede del primo governo “allargato” alla società civile voluto dal Savonarola, una sala magnifica. C’è tanta arte in questo posto da poter mettere in piedi un museo.

Salone500La Sala è stata divisa in quattro spazi per le mini conferenze, slot da mezzora. Chi vuole si è iscritto e parlerà, porterà all’attenzione dei suoi concittadini i suoi progetti e ne discuterà.
Inizio alle 10 – arrivo alle 9,30 dieci persone forse.


Ho guardato questa Sala e l’ho sentita mia, orgogliosamente mia,
Ricordo che quando l’hanno progettata l’America era stata appena scoperta e Obama era, come si dice, insieme a tutti noi, nella palle diddio, mentre in Toscana avevamo già queste meraviglie, e le banche e le Misericordie. Il nostro tessuto sociale era già delineato secondo principi di solidarietà, condivisione, potere civile allargato.
Cribbio c’è sì, di che esser orgogliosi.
Cos’erano i Cinquecento se non 500 persone che magari si saranno anche riunite a capannelli ed avranno parlato di cose diverse, avranno comunicato progetti, cercato alleanze, stretto rapporti, costruito reti sociali. Il BarCamp in fondo è questo. E noi, come molte cose l’abbiamo fatto prima.
Vabbeh poi magari nel frattempo abbiamo anche messo sul rogo qualche Savonarola, ma ci può anche stare.
Quale posto, ho pensato, migliore di Firenze, migliore della sua storia, migliore della sua tradizione, per innovare la comunicazione sociale? Per divenirne cassa di risonanza, palco globale, valore aggiunto?
Per me nessuno.

L’incontro improntato alla massima informalità, se non nella rigidezza dei tempi assegnati a ciascuno, è presto sfociato in un chiacchiericcio fra persone che si ritrovavano, si stringono la mano, si passano i figli, si cercano per fissare un caffè. Mentre nelle quattro postazioni, senza microfono, la gente si sgola e parla di musica, di poli museali, di architettura, di integrazione fra studenti, di tecnologie.
Se l’intento era quello di portare all’attenzione dell’Amministrazione, quello che c’è a Firenze allora l’intento è stato sicuramente mancato.
Se era quello di rendere fruibile ai cittadini un bene prezioso come il nostro Comune, farli sentire comunità, renderli partecipi e protagonisti , allora è un buon inizio.
Ma come ha detto l’assessore alla cultura e contemporaneità, non c’è un modo buono e uno meno buono di far venire un barCamp. Esso diviene. Accade attimo per attimo. I risultati si vedranno.
Io ho individuato una mia personalie problematica. Avere a che fare con amministratori giovani crea problemi. L’assessore ha una quindicina d’anni meno di me. Viene voglia di dargli del tu. Il che non sarebbe nemmeno male, ma non è comunque appropriato per chi deve esercitare un’autorità.
Dovranno dire anche dei No, magari molti.
La mia mano affettuosamente posata sulla spalla del giovane Da Empoli mentre lo pregavo di fare meno rumore insieme ad altri non è stata una gran pensata. Ma ormai è accaduta.
Nell’attesa che la sala si riempisse non ho voluto perdere l’occasione di sedermi sulle scale , cercare qualcosa di adatto nell’ ipod e estraniarmi da tutto per un quarto d’ora fra cose che amo.
La mia città, il mio lavoro , il mio Beethoven. Era l’Eroica e ci stava parecchio bene.

Stralci dal barcamp

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