finalmente ho (usato il) riso!

Presto che è tardi presto che è tardi….la storia sta così, un po di tempo fa mi ero messa in testa di fare la pasta di sale con la farina di riso, vabbeh la farina di riso era rimasta lì sepolta nella credenza. Un po’ l’ho usata per friggere i fiori di zucca dell’orto (bòòòòòni), un po’ stava andando a scadenza. In più mi sono riempita casa di barattoli di salsa di pomodoro e di marmellata di albicocche per smaltire la sovraproduzione sempre dell’orto…quindi mi sono detta liberiamo un po’ di posto…genio: crostata di albicocche.
350 gr di farina (metà 0 metà riso) 2 uova, 120gr di burro due cucchiai d’olio, 120gr di zucchero scorza grattugiata di limone (pure quello del giardino mio), frullate tutto nel mixer (sissì tutto nel mixer col burro bello freddo), compattate le briciole che vengon fuori e le riponete nel frigo per un’oretta. Teglia di 24cm, 3/4 dell’impasto sul fondo, bucherellate, ci mettete la marmellata (a piacere lo spessore), fate le striscette con la pasta avanzata, 45 min di forno a 180°… ZanZan. Fatto.
Vabbeh è talmente friabile e gustosa che mi toccherà ricomprare la farina di riso… nel frattempo ho smaltito un po’ di salsa per la pappa al pomodoro … la vita è tutta un leva e metti 🙂

piedi

Fu così che si ritrovò sul marciapiede con le scarpe piene di piedi, due occhi annegati nel buio in fondo alla strada, guardando lontano fra le pozze di un’ estate che faticava a  dimettersi, finendo per ingoiare l’ultimo sorso di un sorriso.
Andava veloce il tram e non tutti potevano ridere alle battute del conducente mentre il giorno finiva nella notte di festa, di nozze di laurea o di addio alla bella vita di ragazza che insegue gatti sugli alberi fitti di susine dorate nel caldo luglio.
Poteva essere diverso, potevamo mangiare cocomeri, lucidare scarpe, scalare vette, invece era lì a due passi da altre scarpe piene di piedi, altri occhi pieni di lacrime altro fiato tiepido nel fresco settembre “hai un vestito di seta broccato, un dorato contenitore a due fianchi mirabili” corto quel tanto che basta a sentirti elegante.
Aveva un vestito e due ore di festa di nozze di laurea di addio a due paia di scarpe che spariscono veloci nel buio in fondo alla strada. E fu così che si ritrovò sul marciapiede con le scarpe piene di piedi.
Poi la luce e buongiorno.
Sogno.

Rondini

Cantano le rondini cantano, lo so si dice garriscono ma a volte si scelgono parole non adatte pur conoscendo quelle giuste. Lo facciamo per un suono, per una sensazione, per un ricordo , per un’immagine che vogliamo creare.
Si fanno scelte sbagliate per rendere il senso del giusto.  
Cantano le rondini mentre si inseguono  nello specchio di cielo sopra la casa, si abbassano a cacciare minuscoli insetti oppure  ruzzano come bambini felici nel bagnetto con le paperelle, scuotono le ali come i piedini l’acqua  e trillano agli schizzi.
E’ questa l’ora migliore, è questa la stagione migliore. Sarebbe, anzi. Senza nuvole, col cielo piatto, i colori vividi.
Cantano le rondini.
Per adesso.
Come tutto. Come sempre.

Naked ravioli with fake ragù.

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Orbene, la strada verso un nuovo modo virtuale  si è arricchito (mboh) di un nuovo “social”, insomma uno di quei posti dove si perde un sacco di tempo: Pinterest. La gente ci “pinna” la qualunque in genere da blog e tu brachi gli interessi degli altri e se coincidono coi tuoi  “repinni” e te lo tieni in memoria. Diciamo subito che vanno fortissimo unghie, capelli, case e cibo in generale, cupcakes in particolare per ogni gusto e fantasia. L’oggetto è territorio americano, finora. Ora all’ennesimo piatto terrificante spacciato per italian style vedi würstel infilzati di spaghetti conditi col ketchup, improbabilissimi “chicken Chianti with vanilla sauce” e  “italian ravioli with strawberry and pineapple” ecco …  ma anche no, grazie.
Ed è per ciò che da oggi avrete un po di cibo su questo blog. Vi risparmio la ricetta e pure le foto fanno un po’ schifo, ci devo riprendere la mano e oggi avevo fretta, ma gli spinaci sono del mio orto! Zan Zan.

Peperonata

  • Aggiornamenti svariati e sparsi
  • un mese senza blog: ma guarda come passa il tempo!
  • A volte ritornano come i peperoni della giardiniera, che uno pensa che lì di fianco al lesso ci stanno così bene, colorati  che fanno tanto estate. Che poi il peperone è scordone, uno pensa sempre che no, questa volta non mi faranno male, di sicuro l’ultima occasione, che ti sei poi dovuta imbottire di bicarbonato, era un caso, un peperone più malefico di questo, così bello, giallo, che perché mi dovrebbe far del male? E … e invece i peperoni ritornano, è certezza nella vita. Anche se li spelli, anche se qualcuno ti racconta la ricetta miracolosa del peperone digeribilissimo, del tiragli via i filetti bianchi, del mettilo sottoaceto, sale, pepe, limone, fagli la fattura voodoo…non c’è niente da fare i peperoni  si ripresentano.Ecco la stessa incrollabile certezza nella stronzaggine di un vegetale possiamo riporla in quella dell’uomo/maschio adulto. Il che comprende dai 15enni ai 90enni, ciascuno con le sue varianti  anagrafiche in genere peggiorative. Zan zan.
  • Lavoro: Ok passiamo a
  • Salute: Ok passiamo a
  • Saldi: le scarpe da uomo sono più comode, lo posso dire con assoluta certezza. Potendo scegliere, dato il mio piedino da fatina dei watussi, scelgo le scarpe da uomo. Che non si capisce perché la forma delle scarpe da donna deve essere così stretta, invalidante, ecco invalidante. Milioni di donne rovinate dall’industria calzaturiera. Che poi adesso le ragazzine sono tutte alte, avranno piedi adeguati. Perché strizzarle in spazi angusti? Che poi è lo stesso concetto delle maniche e delle spalle… ma lo avete visto il giro spalla di una magliettina di attuale concezione? Ma su quali donnine prendono le misure? Ci sono: le cinesi.  Motivo in più per una rapida integrazione che faccia lievitare anche le forme di queste minidonne formato xxs . Ebbasta! Prendete le misure sulla Merkel
  • Merkel appunto: la donna pettinata con la pentola.
  • Tragedia Costa : Il capitano a tutt’oggi è un emerito rappresentante dei peperoni.  Penso sia inutile stare a chiedersi come ha potuto pensare di fare lo struscio agli scogli in sicurezza.  La frase più ripetuta nei telefilm americani è “Andrà tutto bene”, ma non è così, qui non c’è il rewind che scusate tanto se sono andato a sfracellarmi sullo scoglio, non volevo, torniamo indietro , Game over, beeeeng  facciamo un’altra partita? Ok dopo cena? . Qui no. Qui  ci sono persone che non giocheranno più per colpa di questo idiota col buzzo. Omicidio colposo? Ma se questo stava giocando a roulette russa con gli scogli   ha accettato un rischio non sulla sua pelle, che se ti sfrantumi da solo su un gommone, cazzi tuoi. Ma sulla vita di 4mila e passa persone affidate alla sua perizia.  Inqualificabile. A questi punto speriamo che almeno non succeda di peggio e che questo  signore paghi la giusta detenzione. Appropò
  • Lele Mora. Perché sta in carcere? Se uno che ha provocato la morte di una trentina di persone e un disastro tale sta a casa nel suo letto perché Mora sta in carcere? Ok cos’altro dobbiamo sapere di Berlusconi e delle sue feste?
  • In generale: va di schifo. Ci tenevo a dirvelo. E da domani pioverà. Sul bagnato.

Punti di vista

Non ricordo quando ma ricordo la sensazione. Avevano  rifatto i marciapiedi in via del Leone, le pietre  quadrate nuove di pacca, erano attraversate da solchi diligenti a lisca di pesce, non erano più i marciapiedi della mia infanzia.Il livello era lo stesso, basso, da quella prospettiva c’erano due punti di  fuga, la zanella o il cielo. Il solco dove scorre l’acqua piovana e il piscio dei cani o l’azzurro terso dell’infinito. A ben vedere però sotto la zanella scorrono le fogne e ancor più giù la mota infame, e forse la mia prospettiva di  adesso, orecchio a terra sui solchi diligenti potrebbe essere non troppo distante dall’argilla puzzolente. Perché, dicunt, al peggio non c’è mai fine.C’è chi crede che debba finire l’anno, c’è chi pensa sia congiunzione astrale, economica, politica, un intreccio di destini che ingabbiano anche il mio tenendomi lì sul grigio freddo marciapiede. Io mi prendo le responsabilità di averci messo pure un po’ del mio, poco, slancio in questo vertice di sculo che mi appiattisce come forza centrifuga culo a terra.Vero è che le forze emotive sono quelle che sono. E il peso specifico della zavorra, notevole, difficilmente aiuterà ad alzarmi. Forse con un colpo di reni potrei appoggiarmi sul marmo del 16, accogliente gradino bianco per due. Due chi, poi, è da vedere. Più facile che resterò per un bel po’ così col punto di fuga basso sull’orizzonte senza mai dimenticare però che il cielo, come non credeva la nonna forse inizia giù, piu giù , giù dalla zannella, più giù dell’Evelina.

RIP SJ

“No one wants to die. Even people who want to go to heaven don’t want to die to get there. And yet death is the destination we all share. No one has ever escaped it. And that is as it should be, because Death is very likely the single best invention of Life. It is Life’s change agent. It clears out the old to make way for the new. Right now the new is you, but someday not too long from now, you will gradually become the old and be cleared away. Sorry to be so dramatic, but it is quite true.

Your time is limited, so don’t waste it living someone else’s life.” (SJ)

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Appunti sparsi senza tanta voglia di  costruire intorno retorica discorsiva. Mi capisco da me.

Facebook stimola i branchi. Aggregarsi intorno ad un metodo. Internet esclude o include?Contrastare le forze accentratrici. Chi detiene il potere in internet?La prima è vera e dobbiamo uscirne. Ritrovarsi fra simili è sociale ma non crea crescita e valore. Aggregarsi intorno ad un metodo crea etica. Internet include se la rete continuerà ad essere  flessibile, di facile accesso e autogenerante. Chi detiene il potere in internet? L’intelligenza del singolo. Usare senza essere usati. Possibile? I politici usano internet? Poco. Male. Arrogantemente. Una piazza virtuale vuota è controproducente. Una piazza virtuale chiusa è un branco perdente. Non tutelare la diversità di voci è perdente. Meglio della polemica, l’abbandono perché non c’è valore nella monotematicità.

…avere un fornetto e non saperlo….

ogni tanto resto un attimo perplessa al tipo di comunicazione che viene fatta negli altri paesi. Ultima occasione questa campagna educational fatta in Malaysia , una specie di tutto quello che vorreste sapere sulla vagina e nessuno vi ha mai spiegato.

Certo paragonarla ad un forno autopulente non mi era mai capitato di sentirlo, anche perchè non ho idea di quale livello di forni ci siano in Malaysia. Il mio non è recentissimo e lo pulisco con frequenza ma un po di unto qua e là resta sempre.

Sto pezzetto lo casserei….insomma il paragone non mi pare felice.

Viaggi

E’ tornato da qualche giorno, non lo vedevo da qualche mese. Lui è alto, con un bel portamento, filiforme, il passo sciolto  un po’ alla Cary Grant.  Una delle ultime volte che l’ho visto era inverno, forse una cena per le feste, parlavamo di ricordi, di vite passate, di viaggi, di prospettive, case da chiudere, scelte da fare, aspettative per l’età della pensione. Quelle solidità che insegui per quarant’anni e che un giorno possono diventare a portata di mano, basta avere coraggio. Ha deciso di farsi un viaggio, non uno dei suoi dai quali tornava con migliaia di bellissime foto piene di sentimento e grazia, frames di territori e persone dove l’equilibrio era la cifra stilistica. Questa volta era un viaggio di svago e prospettive, vado là e vedo se mi ci posso stabilire, fa sempre caldo là, mia figlia è grande non ho piu vincoli di lavoro, anzi posso lavorare anche là, un professionista come me se lo sognano . Un primo viaggio a febbraio due mesi , torna  e tempo di rispondere alla posta accumulata nella cassetta, il tempo di salutare due amici e via, là di nuovo.

Ieri i suoi occhi chiari avevano una luce diversa, me ne sono accorta subito ed ho iniziato a prenderlo in giro, che è successo? dai simmelo, dai dimmelo. Più si schermiva più capivo che aveva bisogno di dirlo. Eccola guarda è lei, mi dice, e un’immagine di una bella brunetta con due occhi neri neri mi appare su uno schermo di un cellulare. Lui la guarda con un misto di incredulità e consapevolezza. Ha 25anni, mi dice e io rido. E lui ride perchè sa perfettamente che la cosa mi lascia alquanto indifferente.

Alzo gli occhi sulla compagnia, in questa corte piena di persone che bevono, che ridono che si atteggiano, alcuni immersi nei loro iphone, fanno scorrere la serata in attesa di quella luce. Lui li guarda insieme a me, e si immagina la vita fatta da queste occasioni rare, da queste cene in piedi fra salamini e donne che hanno lasciato i figli alle nonne, agli ex perchè tocca a loro, fatte di recriminazioni sui vecchi amori, di lagnanze sul lavoro, di noiose ripetizioni di sogni adolescenziali. Lui il suo sogno l’ha trovato, lui ha una nuova occasione. Mi guarda, lo guardo . Quando riparti? Settembre … ma forse prima.  Buona vita, amico mio.

Questo è un blog di una donna. Non ci credete?

Mio padre diceva che le donne perdono un sacco di tempo a scegliere i mobili di casa e poi quando ce li hanno sottomano ci schiaffano un centrino piu o meno fatto all’uncinetto e una qualche chincaglieria sopra per poi lamentarsi del tempo che si perde a spolverare tutte queste sovrastrutture. E’ pressochè inevitabile.
Penso che più o meno funzioni allo stesso modo coi blog delle donne. Partono da chissà dove con chissà quali motivazioni e finalità e immancabilmente, prima o po,i ci trovi una ricetta.
Presumo di non fare eccezione, e ammetto anche che ho una certa (elevata) quantità di sovrastrutture in casa che affollano i ripiani, però una cosa ve la posso dire: non sono una fanatica del verbo spolverare.
Sissì , da tanta soddisfazione ma effimera. Alla lunga sfibra dover levare la polvere perché ritorna. Mo’ lo so che è una legge naturale, ma chi sono io per andare contro-natura? Che la polvere alberghi.
Ecco detto ciò vi posso assicurare che in cucina la polvere non c’è,  c’è direttamente il caos. Un caos buono. Ecco.
Dunque ‘sta qua, che premetto essere buonissima, si chiama torta di verdure a buglione. Cioè alla rinfusa. Le dosi sono a occhio ma ci sono un paio di elementi di cui non potete fare a meno i porri e la salsiccia.
Poi ci potete mettere dosi variabili di zucchine, fagiolini, cipolle, bietole, spinaci,piselli, cavolfiore…
Fate glassare i porri affettati  in poco olio e un due chicchi di sale, quando sono morbidi ci unite le verdure, qua zucchine tagliate a rondelle e fagiolini, salate portate a mezza cottura, togliete dal fuoco e fare intiepidire. A parte preparate nel mixer, un uovo, un po di latte, un mezzo cucchiaio di amido di mais o un pochina di farina, noce moscata, parmigiano grattugiato. la salsiccia (io la sbollendo per farle sudare il grasso), sale e pepe. Frullate il tutto e con questa crema amalgamate la verdura poi rovesciate  sulla sfoglia messa in pirofila e bucherellata. Coprite con pezzi di stracchino e fettine di pomodoro e su tutto una generosa spolverata di origano.
Cuocete finchè è cotta, ciò dipende da quando liquida avete fatto la cremina (che si chiamerà in un qualche modo francese ma io la chiamo cremina perchè il francese non lo so ), deve risultare compatta e dorata.
Ecco pure io ho scritto di cucina, ho scritto di uomini stronzi  e di donne detestabili, di moda e di viaggi, di cellulite non mi pare ma provvederò quanto prima.
Giagina è’ ufficialmente il blog di una donna.

Oggi

E’ piovuta la primavera, a tratti, a scrosci improvvisi fra ondate di aria calda e umida. I giardinieri hanno tagliato l’erba calpestando i petali delle rose che, come coriandoli dopo il carnevale, punteggiavano di colori il prato. L’odore della nipitella è esploso. Poi il sole del tramonto s’è imposto su un cielo terso e cristallino e in controluce, fra l’erba, ho visto piccole cavallette saltare mentre l’aria si è riempita di nugoli di moscerini. Festa per i merli.

Respiro a pieno polmoni complice l’antistaminico. Non voglio stare in casa.

C’è pace. C’è attesa. C’è paura. C’è stanchezza. C’è bisogno di tempo. Tempo.

la mamma

Oggi è il compleanno di mia mamma.

Le ho rubato questa foto che mi è sempre piaciuta tanto, è in viaggio di nozze, è felice ed è così bella.

E’ la persona in assoluto al mondo a cui voglio più bene.

Ecco. Auguri, mamma.

Maleducazione, oggi.

Mi sa che ho sbagliato tutto nella vita, macchè comunicazione, macchè buoni principi , io il prossimo convegno lo voglio fare su  “maleducazione: opportunità di sviluppo per  l’uomo moderno. Scenari e prospettive”

Inatnto non credo di aver alcun problema a farmi suggerire relatori, qui fioccano i maleducati che pare il cervino a gennaio.

Ma poi la classe dei senza faccia è veramente trasversale, al limite del pervasivo. Ormai ci siamo così abituate che manco fa più notizia.

Vedi un amico,o sedicente tale,  che non vedi da tempo, dall’altra parte della strada, gli fai un cenno di saluto giusto per vedere se reagisce e quello risponde avvicinandosi e dicendoti frasi tipo “eh sto così così, ma se hai tempo ti spiego anche se è cosa lunga” tu dici “ho tempo”  e quello?  quello volta il culo e ti molla sul marciapiede. Manco saluta, ma nemmeno un ciao, nemmeno un beh adesso non posso io, perdo l’autobus, vediamoci una sera, ti scrivo una email. Niente.

Attendo istruzioni per l’utilizzo del personaggio. Le mie limitate esperienze propendono per il vaff….

due passi

Ci sono notti che in macchina c’è silenzio e viaggi dietro appoggiando la testa al sedile, il cielo scuro bucato dalle stelle , un’aria che vedi fredda ma un profumo che immagini di primavera, guardi scorrere le facce dei palazzi, occhi socchiusi le finestre su tenui bagliori che sanno di sonno. Non hai voglia di pensare e canticchi fra te e te, mentre passi sul fiume che scorre, mentre tu scorri sulla vita che aspetta l’estate, e ti senti sorella delle ruote che scavalcano buche. Vivi tutto come se domani dovesse tornare l’ieri, ma l’ieri non torna e a volte anche il domani è già vissuto. Ci sono notti che chiudi gli occhi e sei lì. A due passi dal solito. A due passi dal nulla.

a Milano

A Milano andata e ritorno in 6 ore non sono scherzi per nessuno e per me lo sono ancora meno, stanca come sono di tutto e di tutti.
Una bimba di forse due anni a cavallo della spalla del padre trilla felice, per niente intimorita dalla posizione. Ha un colbacco rosa morbido che le copre gli occhi e lei cerca con le manine di tirarlo su mentre il padre la dondola su e giù dalla spalla e le da affettuose pacchette sui piedini, ha ciuffetti biondi che sfuggono al cappellino e si arricciano sulle guance rosse di freddo, ride a garganella e ogni tanto riprende fiato, ma subito torna ancora piu alto lo strillo, al minimo bisbiglio del padre.
Quel suono cristallino spacca il rumore sferragliante della stazione, il brusio delle scale mobili, le rotelle dei trolley che attraversano le guide per ciechi, gli altoparlanti che annunciano arrivi e partenze; la gente alza gli occhi dai giornali, dagli schermi dei cellulari, smette per un attimo di occuparsi di ipad, per guardare anche se di sfuggita questo mucchietto di felicità che incurante di tutto e di tutti si diverte come mai, con un gioco semplice, fra braccia sicure. Tranquilla. Innocente.
E la gente, lo so, la invidia sorridendo con gli occhi. Poi accantona la visione e torna nel guscio dei piumini cosi’neri, così tutti uguali. Ne ha quasi paura.

Quando,mi chiedo, quando si perde quel suono argentino, quel gorgoglio che sale dalla gola di pura felicità, dove lasciamo la fiducia cieca nell’altro, a che punto dell’esistenza chiudiamo la porta alla spensieratezza , dove finisce l’allegria. Certe volte abbandoniamo il riflesso della vita e lasciamo che il giorno passi lieve sui nostri pensieri, lasciamo che la testa ridiventi fanciulla e ci arrendiamo alla sana liberazione del riso. Di rado. Che peccato.
Chiudo gli occhi nel freddo di Milano, penso al mio giorno nevrotico da tramezzino, l’acqua che sciaborda nella borsa, il peso del computer, il mio fiato affogato fra le pieghe della sciarpa. Un giorno mi metterò un vestito a fiori e sarà a sfondo bianco e me ne andrò lontano in una stazione che non ho mai visto per un viaggio di prospettive e speranze, le stesse che ho perso fra doveri e rimpianti, obblighi e necessità, fra la vita che condanna e mai assolve, che piega ma non riesce mai a spezzare, perché c’è sempre un altra attesa, un altro treno, un altro appuntamento e forse, chissà, forse domani, forse col sole, forse felice, forse di nuovo sentirò quel suono che un giorno potrà tornare nella gola libera da magoni.

sere stanche

Ci sono sere che non credi siano sere ma anticipi di notti quiete, hai mani che pesano e polsi che sembrano aver retto il destino del mondo. In fondo erano solo due scaramucce nell’animo e non hai mai pensato che potessero influire nel tuo destino , ma quando le vedi lì sciolte nel rumore di fondo della tua vita, ti accorgi che ne hanno colorato il piano, lasciandole libere di vagare fra le cose veramente importanti le hai arricchite di contenuti. Lettere che imprimono svolte, consonanti che tagliano in due le giornate, vocali che si fanno urli . E tu che non sai come contenere il disastro che hai permesso.
Piccola stupida persona in un piccolo stupido mondo capace di rendere piccola e stupida anche l’importanza di un sentimento.
Lascia che scivoli fra le onde prodotte da quello sputo che è, lascialo dissolvere fra acque scure e limacciose. Stia lì.
Non è importante. Ed io vado a letto.

in tram

In attesa di tempi migliori inizio e cancello nuove storie. E’ come avere visione passeggere che sbucano nel nulla, deja-vu senza lieto fine. E’ una sensazione strana, non sapere dove vanno i pensieri, non riuscire a dargli forma, lasciare che altre visioni prendano il sopravvento e su tutto lasciare che la vita non mi lasci spazio.
Qualche giorno fa sono andata dal dentista , ero sulla tramvia quando, prima del ponte il trenino si è fermato per venti lunghi secondi. La luce bianca impietosa del treno faceva risaltare le rughe della donna che mi sedeva di fronte, nel suo piumino marrone deprimente, coi capelli un po’ sporchi, come possono essere sporchi i capelli arruffati dal vento umido, accioccati scomposti con un lieve accenno di ricrescita alla base, una donna mesta con lo sguardo fisso e perso dietro pensieri che non comprendevano di sicuro niente di allegro. Affanni, malumori, problemi. La borsa floscia stretta in grembo, i pantaloni neri da poco. Ho voltato la testa verso l’esterno per non indugiare troppo nel fissarla, anche se non si puo’ fare molto altro su un tram un mercoledì di gennaio mentre fuori infuria il maltempo.

Il viale delle Cascine, nel tramonto piatto di quel giorno, era vuoto, la ghiaia grigia, la luce a malapena  filtrava fra le fronde dei lecci sulle panchine vuote, su siepi che prive di foglie sembravano tanti stecchi inutili. Desolantemente invernale, umido al solo vederlo, eppure nel suo complesso così pacifico, vero, vivo al confronto della luce sparata finta dei neon del tram. E poi, d’un tratto, riflessa nel vetro mi sono vista, il mio piumino chiaro finto spiegazzato, i capelli schiacciati sotto il cappello arancione, la sciarpa , le guance solcate dai pori, le rughe e la faccia di quella che sono. E non ero molto diversa dalla signora che mi sedeva di fronte, anch’io persa dietro i miei pensieri sgraditi.
Il tram è ripartito e alla fermata successiva sono scesa, mi sono immersa nella vita nel freddo di un pomeriggio triste. Triste.

mutande e palle, senza dimenticare la muffa

Quale perversione mi fa stirare le mutande? Me lo chiedo sempre più spesso, eppure all’atto di mettermi un paio di slip senza averli stirati mi prende un disagio strano. Mi sento tutta stropicciata.

Son problemi.

Quale masochismo mi fa amare estirpare la gramigna essendo allergica alle graminacee? E perchè oggi ho trovato grande soddisfazione nel pulire la vaschetta dei detersivo della lavatrice? A proposito avete mai guardato nella vaschetta? In genere ci alberga la muffa, il che mi inquieta.

Ok …saprò forse essere anche più profonda nel proseguo del 2011…Intanto vado a togliere le palle dalla porta!