Punti di vista

Non ricordo quando ma ricordo la sensazione. Avevano  rifatto i marciapiedi in via del Leone, le pietre  quadrate nuove di pacca, erano attraversate da solchi diligenti a lisca di pesce, non erano più i marciapiedi della mia infanzia.Il livello era lo stesso, basso, da quella prospettiva c’erano due punti di  fuga, la zanella o il cielo. Il solco dove scorre l’acqua piovana e il piscio dei cani o l’azzurro terso dell’infinito. A ben vedere però sotto la zanella scorrono le fogne e ancor più giù la mota infame, e forse la mia prospettiva di  adesso, orecchio a terra sui solchi diligenti potrebbe essere non troppo distante dall’argilla puzzolente. Perché, dicunt, al peggio non c’è mai fine.C’è chi crede che debba finire l’anno, c’è chi pensa sia congiunzione astrale, economica, politica, un intreccio di destini che ingabbiano anche il mio tenendomi lì sul grigio freddo marciapiede. Io mi prendo le responsabilità di averci messo pure un po’ del mio, poco, slancio in questo vertice di sculo che mi appiattisce come forza centrifuga culo a terra.Vero è che le forze emotive sono quelle che sono. E il peso specifico della zavorra, notevole, difficilmente aiuterà ad alzarmi. Forse con un colpo di reni potrei appoggiarmi sul marmo del 16, accogliente gradino bianco per due. Due chi, poi, è da vedere. Più facile che resterò per un bel po’ così col punto di fuga basso sull’orizzonte senza mai dimenticare però che il cielo, come non credeva la nonna forse inizia giù, piu giù , giù dalla zannella, più giù dell’Evelina.

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