la mamma

Oggi è il compleanno di mia mamma.

Le ho rubato questa foto che mi è sempre piaciuta tanto, è in viaggio di nozze, è felice ed è così bella.

E’ la persona in assoluto al mondo a cui voglio più bene.

Ecco. Auguri, mamma.

luci nel buio

Al di là della finestra della terrazza si accendono le luci sparse sulla collina, altre case, poche ville privilegiate sul promontorio. Li penso sereni, con una solidità che a me manca, magari sbaglio. Più in là so che c’è l’acqua, non posso sentire il rumore, immagino le onde che sbattono ritmiche sulle sabbia, ieri hanno fatto un falò, fra qualche settimana faranno feste, vivranno la tiepidezza di quei granelli su pelli profumate di doposole, i capelli che sfiorano spalle nude.
Mi guardo intorno in questa ennesima casa abitata per poco con gesti replicati dalla vita quotidiana, la spesa, la cena, la tv, le cose portate da casa, i giornali abbandonati su divani che non mi appartengono. Ricordo la prima casa a Barbados le luci della collina di SantJames, più sotto mamma Leone che teneva aperta la cucina fino a tardi, le ranocchiette verdi che si attaccavano alla finestra della terrazza coi loro occhioni il loro cookii, il giardino interno con i banani lucidi. Non ricordo più quante ne abbiamo provate di case temporanee in questi ventianni, i colori delle loro tende, dei copriletti, delle piastrelle si confondono nei ricordi. Solo il profumo è lo stesso non mio, non suo, di aria diversa di aria da ricordare da aria da salutare. Domani si torna.

Non ci sono piu gli statisti di una volta

« Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum . Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire ‘Ich bin ein Berliner.’ Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole ‘Ich bin ein Berliner!’ » – J.F.K

„ Voglio essere lampedusano , quindi ci ho comprato una villa e invito tutti a giocare a scopa“ – S.B.

-Sounds a little bit different –

Maleducazione, oggi.

Mi sa che ho sbagliato tutto nella vita, macchè comunicazione, macchè buoni principi , io il prossimo convegno lo voglio fare su  “maleducazione: opportunità di sviluppo per  l’uomo moderno. Scenari e prospettive”

Inatnto non credo di aver alcun problema a farmi suggerire relatori, qui fioccano i maleducati che pare il cervino a gennaio.

Ma poi la classe dei senza faccia è veramente trasversale, al limite del pervasivo. Ormai ci siamo così abituate che manco fa più notizia.

Vedi un amico,o sedicente tale,  che non vedi da tempo, dall’altra parte della strada, gli fai un cenno di saluto giusto per vedere se reagisce e quello risponde avvicinandosi e dicendoti frasi tipo “eh sto così così, ma se hai tempo ti spiego anche se è cosa lunga” tu dici “ho tempo”  e quello?  quello volta il culo e ti molla sul marciapiede. Manco saluta, ma nemmeno un ciao, nemmeno un beh adesso non posso io, perdo l’autobus, vediamoci una sera, ti scrivo una email. Niente.

Attendo istruzioni per l’utilizzo del personaggio. Le mie limitate esperienze propendono per il vaff….

due passi

Ci sono notti che in macchina c’è silenzio e viaggi dietro appoggiando la testa al sedile, il cielo scuro bucato dalle stelle , un’aria che vedi fredda ma un profumo che immagini di primavera, guardi scorrere le facce dei palazzi, occhi socchiusi le finestre su tenui bagliori che sanno di sonno. Non hai voglia di pensare e canticchi fra te e te, mentre passi sul fiume che scorre, mentre tu scorri sulla vita che aspetta l’estate, e ti senti sorella delle ruote che scavalcano buche. Vivi tutto come se domani dovesse tornare l’ieri, ma l’ieri non torna e a volte anche il domani è già vissuto. Ci sono notti che chiudi gli occhi e sei lì. A due passi dal solito. A due passi dal nulla.

a Milano

A Milano andata e ritorno in 6 ore non sono scherzi per nessuno e per me lo sono ancora meno, stanca come sono di tutto e di tutti.
Una bimba di forse due anni a cavallo della spalla del padre trilla felice, per niente intimorita dalla posizione. Ha un colbacco rosa morbido che le copre gli occhi e lei cerca con le manine di tirarlo su mentre il padre la dondola su e giù dalla spalla e le da affettuose pacchette sui piedini, ha ciuffetti biondi che sfuggono al cappellino e si arricciano sulle guance rosse di freddo, ride a garganella e ogni tanto riprende fiato, ma subito torna ancora piu alto lo strillo, al minimo bisbiglio del padre.
Quel suono cristallino spacca il rumore sferragliante della stazione, il brusio delle scale mobili, le rotelle dei trolley che attraversano le guide per ciechi, gli altoparlanti che annunciano arrivi e partenze; la gente alza gli occhi dai giornali, dagli schermi dei cellulari, smette per un attimo di occuparsi di ipad, per guardare anche se di sfuggita questo mucchietto di felicità che incurante di tutto e di tutti si diverte come mai, con un gioco semplice, fra braccia sicure. Tranquilla. Innocente.
E la gente, lo so, la invidia sorridendo con gli occhi. Poi accantona la visione e torna nel guscio dei piumini cosi’neri, così tutti uguali. Ne ha quasi paura.

Quando,mi chiedo, quando si perde quel suono argentino, quel gorgoglio che sale dalla gola di pura felicità, dove lasciamo la fiducia cieca nell’altro, a che punto dell’esistenza chiudiamo la porta alla spensieratezza , dove finisce l’allegria. Certe volte abbandoniamo il riflesso della vita e lasciamo che il giorno passi lieve sui nostri pensieri, lasciamo che la testa ridiventi fanciulla e ci arrendiamo alla sana liberazione del riso. Di rado. Che peccato.
Chiudo gli occhi nel freddo di Milano, penso al mio giorno nevrotico da tramezzino, l’acqua che sciaborda nella borsa, il peso del computer, il mio fiato affogato fra le pieghe della sciarpa. Un giorno mi metterò un vestito a fiori e sarà a sfondo bianco e me ne andrò lontano in una stazione che non ho mai visto per un viaggio di prospettive e speranze, le stesse che ho perso fra doveri e rimpianti, obblighi e necessità, fra la vita che condanna e mai assolve, che piega ma non riesce mai a spezzare, perché c’è sempre un altra attesa, un altro treno, un altro appuntamento e forse, chissà, forse domani, forse col sole, forse felice, forse di nuovo sentirò quel suono che un giorno potrà tornare nella gola libera da magoni.

sere stanche

Ci sono sere che non credi siano sere ma anticipi di notti quiete, hai mani che pesano e polsi che sembrano aver retto il destino del mondo. In fondo erano solo due scaramucce nell’animo e non hai mai pensato che potessero influire nel tuo destino , ma quando le vedi lì sciolte nel rumore di fondo della tua vita, ti accorgi che ne hanno colorato il piano, lasciandole libere di vagare fra le cose veramente importanti le hai arricchite di contenuti. Lettere che imprimono svolte, consonanti che tagliano in due le giornate, vocali che si fanno urli . E tu che non sai come contenere il disastro che hai permesso.
Piccola stupida persona in un piccolo stupido mondo capace di rendere piccola e stupida anche l’importanza di un sentimento.
Lascia che scivoli fra le onde prodotte da quello sputo che è, lascialo dissolvere fra acque scure e limacciose. Stia lì.
Non è importante. Ed io vado a letto.

in tram

In attesa di tempi migliori inizio e cancello nuove storie. E’ come avere visione passeggere che sbucano nel nulla, deja-vu senza lieto fine. E’ una sensazione strana, non sapere dove vanno i pensieri, non riuscire a dargli forma, lasciare che altre visioni prendano il sopravvento e su tutto lasciare che la vita non mi lasci spazio.
Qualche giorno fa sono andata dal dentista , ero sulla tramvia quando, prima del ponte il trenino si è fermato per venti lunghi secondi. La luce bianca impietosa del treno faceva risaltare le rughe della donna che mi sedeva di fronte, nel suo piumino marrone deprimente, coi capelli un po’ sporchi, come possono essere sporchi i capelli arruffati dal vento umido, accioccati scomposti con un lieve accenno di ricrescita alla base, una donna mesta con lo sguardo fisso e perso dietro pensieri che non comprendevano di sicuro niente di allegro. Affanni, malumori, problemi. La borsa floscia stretta in grembo, i pantaloni neri da poco. Ho voltato la testa verso l’esterno per non indugiare troppo nel fissarla, anche se non si puo’ fare molto altro su un tram un mercoledì di gennaio mentre fuori infuria il maltempo.

Il viale delle Cascine, nel tramonto piatto di quel giorno, era vuoto, la ghiaia grigia, la luce a malapena  filtrava fra le fronde dei lecci sulle panchine vuote, su siepi che prive di foglie sembravano tanti stecchi inutili. Desolantemente invernale, umido al solo vederlo, eppure nel suo complesso così pacifico, vero, vivo al confronto della luce sparata finta dei neon del tram. E poi, d’un tratto, riflessa nel vetro mi sono vista, il mio piumino chiaro finto spiegazzato, i capelli schiacciati sotto il cappello arancione, la sciarpa , le guance solcate dai pori, le rughe e la faccia di quella che sono. E non ero molto diversa dalla signora che mi sedeva di fronte, anch’io persa dietro i miei pensieri sgraditi.
Il tram è ripartito e alla fermata successiva sono scesa, mi sono immersa nella vita nel freddo di un pomeriggio triste. Triste.

mutande e palle, senza dimenticare la muffa

Quale perversione mi fa stirare le mutande? Me lo chiedo sempre più spesso, eppure all’atto di mettermi un paio di slip senza averli stirati mi prende un disagio strano. Mi sento tutta stropicciata.

Son problemi.

Quale masochismo mi fa amare estirpare la gramigna essendo allergica alle graminacee? E perchè oggi ho trovato grande soddisfazione nel pulire la vaschetta dei detersivo della lavatrice? A proposito avete mai guardato nella vaschetta? In genere ci alberga la muffa, il che mi inquieta.

Ok …saprò forse essere anche più profonda nel proseguo del 2011…Intanto vado a togliere le palle dalla porta!

è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo…

…intendo la padrona di casa, ospite di una cena di fine anno. Ed è così che ci si ritrova un 30 dicembre alle 8,30 in piena Ipercoop , come nella miglior tradizione italiana, dove tutti hanno la ricetta per un attacco calcistico prodigioso e per scegliere l’orario in cui uscire di casa per i grandi eventi calcolando il traffico in vista. Le chiamiamo partenze intelligenti , ma sono affidabili come il Meteo di canale 5 e non si sa come finiscono invariabilmente per farci fare la coda.

Tutto era tranquillo nel parcheggio dell’Ipercoop stamattina, le postazioni piene di carrelli erano invitanti, rassicuranti. Dentro poca gente. Entriamo con insolita calma, prendiamocela comoda. C’è così poca gente che mi sono permessa di iniziare da metà corridoio centrale, il luogo dell’acqua per poi vagare qua e là fra carta igienica e croccantini. Ma mai , mai, perdere di vista che il pericolo è dietro l’angolo. Non so come non so perchè al momento di cercare le lenticchie per la cena di domani sera ho alzato gli occhi dalla mia lista e ho esclamato “Ommioddio”.D’un tratto una regia occulta aveva suonato una sirena silenziosa proclamando ” Al mio via scatenate l’inferno” Loro erano lì.

Gli altri.

Ed assaltavano i banchi delle verdura e della frutta come se da questo dipendesse il prodotto interno lordo del Terzo Mondo. la gara all’acchiappo della nocciolina, la coda per il finocchio dell’anno. Affranta ho cercato invano di vedere dove fossero finite le famose lenticchie e dopo aver ricevuto un paio di carrelli negli stinchi da altrettante vecchiette insolenti, svicolato portapallet carichi di rifornimenti agli scaffali assaltati dalle furie, driblato promoter di alimenti probiotici, sono finalmente approdata alla desiata busta di legumi.

Nel bordello, nella calca, nel trillo dei cellulari di persone sperse che si comunivano liste improbabili di cibarie da un corridoio all’altro si è levata, d’un tratto, chiara e stentorea la voce di un commesso della Coop che stava risistemando in tutta calma, davvero ammirevole, un cumulo di mandarini.

“Ehi meu amigo charlieeee e meu amigo charlie brown charlie brown a e i o u ipsilon…. pepe pepereepe…”

Lui era già avanti, proiettato al futuro per non soccombere al presente. Io ho deciso di soprassedere.

Signori ecco a voi: l’ultimo dell’anno.

della serie : buoni propositi per il 2011 #1

Al mattino mi alzo, all’ora che mi va, giro un po’ per casa in pigiama, metto su il latte, tosto il pane, oppure prendo le fette oppure i biscotti, secondo voglia, oppure mi vesto, esco e faccio colazione fuori, secondo voglia, poi compro il giornale e lo leggo , oppure no, secondo voglia, entro nel mio ufficio e accendo il mac, e faccio una cosa controvoglia e 70 su 100 mi faccio del male.
Sono veramente stupida. Questa cosa deve cambiare.

Ribellioni

Mi sono svegliata, era ancora presto, dalla finestra la luce entrava bianca, fredda, riverbero della neve. Tutta la stanza era invasa da un alone spettrale e triste. Non un suono dalla casa, non un suono dalla strada. Avrebbe potuto essere definita: pace, ma il sentimento che si è mosso dentro di me è stato di inquietudine.

Poi ti ho visto lì, fermo, immobile, muto ai miei piedi, leggermente rivolto verso la finestra incurante di me, e mi hai fatto tenerezza.
Non ho detto nulla, tanto non mi avresti risposto, sono rimasta lì a guardarti da sotto le coperte, a pensare a te, che forse eri triste, a questi anni passati insieme, a quello che ho visto con te ed ho imparato attraverso te.
Scorrono le immagini di vita passata, la tua voce che riempie le mie giornate, colori, canzoni, viaggi in terre prima sconosciute, allegria e mestizia, e poi la vita, spicciola di tutti i giorni, e i grandi temi del mondo. Scavare nelle cose, tu mi hai fatto capire che da ogni voce si puo imparare,  si cresce in ogni tempo e tu hai visto passare dolori e gioie di molte vite.
Forse nessuno ha capito che dietro a quel tuo modo di essere che pare distaccato, poco partecipe, estremamente pragmatico, dietro a quel tuo essere un po quadrato,  alloggiava invece uno spirito veramente libero,  democratico e attento. Tu avevi sempre una parola per tutti e bastava chiedere e tu, nel bene o nel male davi spazio a ciascuno. Avevi grandi potenzialità e noi, che ti siamo stati vicini non abbiamo saputo capirti fino in fondo. O forse non ne abbiamo avuto la possibilità.
Però io credo che un po’ delle cose con cui veniamo a contatto, anche se solo di striscio, anche se solo per un attimo, anche se pare impossibile, lascino traccia dentro di noi,  e ci facciano diventare quello che si è. Forse sei triste per questo, in fondo pensi di essere stato inutile e che quelli più giovani di te possano dare e avere molto di più di quello che hai dato e avuto tu.
E  invece dovresti essere contento della tua vita passata. Hai conosciuto molti e ti hanno dato tanto. Molti che adesso non sono piu con noi ma che hanno arricchito la nostra vita di esperienze e punti di vista liberi, anche grazie a te.
Ora sei lì , muto, sembri senza vita.  Ma io ti ho amato, anche se adesso sei vecchio.

Mi alzo, in questa stanza fredda, in questa aria triste e ti tocco, ma tu non reagisci, ti tocco ancora piu forte, tu emetti un piccolo suono, quasi un lamento, forse ti ho infastidito, forse sai qualcosa che io non so. Resti ancora muto quasi ci pensassi un attimo, e d’un tratto ti illumini e davanti mi trovo la faccia di Berlusconi, finto, truccato, una maschera sorridente e sfacciata “…perchè noi siamo il partito del fare, il partito dell’amore…”….  una scarica d’interferenza attraversa lo schermo, per un attimo tutto s’incasina, e capisco che sei tu che ti ribelli, tu che non vuoi essere ancora usato così, biecamente, Tu che hai tutto il diritto di svalvolare. No. Non posso farti questo, hai diritto di riposare in pace. Schiaccio il bottone e ti accarezzo lo schermo di nuovo grigio. Stai sereno, almeno tu, mio vecchio televisore.

Neve

E’ nevicato. E il giardino s’è messo un eyeliner bianco, come se tutto avesse una cornice di luce.
Ieri sera, il giardino si sentiva un rumore di fondo inconfondibile, un fruscio sommesso e attutito mentre tutto spariva sotto il bianco.

Oggi il sole ha illuminato tutto con bagliori di diamante. E’ stato bellissimo camminare per le strade e sentire sotto i piedi il rumore della neve che si pressa. Quando accadono queste cose poi la gente diventa improvvisamente cordiale, unita nell’eccezionalità del momento.

Uno sprazzo di come potrebbe essere anche quando è tutto normale.

Brutta gente

E’ capitato anche ad una amica. Si è fidata di un’altra persona, ha lavorato per lei,  le ha dato la sua fiducia e poi arrivati al dunque è stata tradita e, penso, che più che il mancato raggiungimento del fine, il vero dolore sia stata la delusione di aver offerto aiuto, sostegno e appoggio fattivo ad una, come definirla? Stronza-qualunque.
Le persone ti usano. Ti usano quando non hanno niente di meglio da fare, ti usano per passare il tempo, ti usano per  parlare, per testare il proprio fascino, ti usano per raggiungere uno scopo che quasi mai è quello dichiarato.
E son persone che usano la parola “amicizia” , la frase “voler bene “ con assoluta semplicità.
La buttano lì senza riempire di contenuti quel nero su bianco.
Sono solo dei poveri esseri che non hanno amici veri, perché non sanno nemmeno cos’è essere amici, non sanno e non sapranno mai cos’è il voler bene perché sono incapaci di darne e incapaci di meritarselo dagli altri.
Le sventure che gli capitano, i dolori, le sconfitte, i mariti o le mogli che tradiscono o da cui vengono traditi, i figli che li snobbano, sono il minimo che gli può capitare. Il trattamento base.
Del resto ne rimangono anche poco scottati, danno sempre colpa a qualcun/qualcos’altro incapaci come sono di applicare valori che non siano meramente utilitaristici a fini personali.
Non è vero che chi piu è più stronzo piu va avanti nella vita,
Che misera vita è quando sei costretto a fingere un’ amore, una amicizia per sentirti qualcuno?
Pagano con la loro arrogante moneta un amicizia mercenaria, fregandosene del male che spargono. Giustificandola con la contingenza.
Alla fine resteranno sole. Brutte persone che non potranno mai creare un buon mondo.

TrainGuest

Ricordate ne avevo scritto qui un po‘ di mesi fa. Su facebook la pagina di Traindogs raccoglie sempre più consensi.
Fabio scava, osserva, riporta l’umanità, i suoi caratteri, piccoli episodi, riflessioni, momenti della nostra/sua vita da pendolare. Una vita che oscilla, per tutti, fra punti A e punti B uniti da rette curve, lineari, spirali e concentriche.
Da qualche mese, il venerdì, Train Dogs diventa Train Guest e ospita , gli scritti dei lettori, un piccolo palcoscenico di stili, pensieri, esperienze. Il format è sempre quello, undici righe meno qualcosa. Io ho partecipato due volte,a distanza di mesi. Ve le propongo: è il mio blocchetto incompiuto. Se siete su facebook, leggetelo e se volete partecipate, forse quel qualcosa che ci manca a colmare le undici righe lo porterete voi.

Vedere – Sentire – Cambiare

Ormai non riesco più a scrivere e leggere correttamente senza gli occhiali. E’ avvenuto tutto molto velocemente e questo dà un timing preciso di decadenza che fastidia un attimo. Non che ci sia niente da fare, il mio aspetto a maestrina casalinga francamente è pure divertente. A parte che perdo sempre gli occhiali, ma mi dicono che è normale. Ne ho già comprate due paia. Uno staziona sul comodino, come se riuscissi a leggere la sera e invece non crollassi sotto il peso della stanchezza arretrata e della Mia che non si capisce come mai trova un suo diritto dormirmi sulla pancia e si incazza pure con sonori maooooooooo se ti provi a spostarla. Ora per esempio non li trovo e per mettere a fuoco lo schermo sto facendo stretching alle mani.. per fortuna ho le braccia lunghe.

Stavo riflettendo su una riflessione, alcuni amici pubblicitari hanno aperto un blog, radio venerdì 17, il tono è del cazzeggio impegnato, la discussione è tematica e rivolta prevalentemente al settore, ma quello che fa riflettere è la forma scelta dagli autori. L’audio. E’ un audio-blog. Il sottotitolo è infatti “la voce che abbiamo perso”. Ed è vero che, oltre la voce di rappresentanza che rivendicano, noi, qua nella rete, abbiamo perso tanti dei nostri suoni, mentre l’udito è un senso che ci appartiene e ci completa. Cerchiamo voce nella voce altrui, postando video, musica, per trasmettere emozioni, sensazioni, stati d’animo, ma non postiamo quasi mai noi stessi. Cercherò di farlo. E’ importante che io mi esprima anche oltre le parole scritte. Comunico quindi che cercherò di rubare l’idea. Quando? Non so, visti i ritmi di ammuffimento direi velocemente, prima di aver bisogno dell’apparecchio acustico…

Buona settimana a tutti.

Come eravamo

 

Direi che non ci siamo mai amati molto, io ed i miei denti. Eppure li ho curati , anzi penso che sia la parte di me che ho curato di più. ‘Sti pezzi d’osso, questi rimasugli di zanne. Grrrrrrrrrrrrr.
Mio marito ogni tanto elabora strane teorie sull’ evoluzione umana, una delle ultime potrebbe essere riassunta in un concetto applicato anche alle macchine utilitarie. Il minimo al minimo. Via gli organi doppi, che ce ne facciamo di due polmoni? Servono a rifornire di ossigeno adeguatamente le cellule? Bene riduciamo le cellule, piu bassi, piu stretti , via culo e tette, via cistifellee, appendici, qualche metro di intestino, stomaco ridotto, così almeno si evita di ingrassare, i reni perché averne due quando è dimostrato che si campa anche con uno? Via via e poi perchè si deve campare tanto? Solo spese sociali, a 60anni, amen-ciaociao-sevedemu, sai quante pensioni risparmiate? tutte risorse a favore dei giovani!.…Lui è convinto, fra mille di anni faremo a meno pure dei denti, saranno optional, fatti in Cina di plastica con attacco a baionetta o a vite per i più pigri, messi una volta te li stringi con una chiave a bussola apposita e restano su anni! La fischer sta già lavorandoci su .
Niente bizze da neonati, niente buchi verso i sei anni…cresceremo con tanti fori al posto dei denti, gengive belle lisce, la mattina ci alzeremo e decideremo che tipo di denti infilarci. Stile cravatta. Oggi mi sento aggressiva, vai di zanne a squalo bianco, oggi sono romantica, ecco il modello leggermente arrotondato che non da fastido quando ti baci. Modelli all’aroma di menta per aliti pesanti e modelli da sera con texture di seta, riflessi madreperlati….scegli il bianco che piu si addice al tono di pelle, e via intercambiabili, te li potrai pure far serigrafare da qualche writer. Tsè.
Tanto a che serve avere i denti se alla soglia dei cinquant’anni iniziano a caderti? Che spreco di energie. Anni di dentifrici allo iodio, filo interdentale, sciacqui antiplacca… ridurre, ridurre al massimo.
Svanirà anche la figura dell’igienista dentale che tanto è gente che già adesso viene usata solo per qualche affidamento temporaneo estemporaneo di ladre minorenni dedite al bunga-bunga.

Io sono avanti coi tempi, faccio la pioniera. Dirò addio ad un altra, e prego notare l’altra, delle mie ex-zanne a breve.
Vien via dalla gengiva che pare unta.
“Facevano così anche a mio padre” ho detto alla dentista e lei ha detto “Ecco allora hai capito da chi hai preso”.
Meno male che faccio collezione di impronte dentali. Quelle in gesso.  Le tengo buone per un futuro museo…